giovedì 19 febbraio 2009

VERGOGNA!!! ПOЗOР!!!

Tutti assolti i quattro imputati al processo per l'uccisione della giornalista d'opposizione russa Anna Politkovskaja, assassinata nell'ottobre 2006: la giuria li ha dichiarati innocenti.

I dodici giurati, dopo circa tre ore di camera di consiglio, hanno ritenuto non provate le responsabilità degli imputati. Si tratta dell'ex dirigente della polizia moscovita Serghei Khadzhikurbanov, accusato di essere l'organizzatore del delitto per conto di un mandante non ancora identificato; dei fratelli ceceni Dzhabrail e Ibragim Makhmudov, presunti 'pedinatori' della giornalista (un terzo fratello, Rustan, è ricercato all'estero come presunto killer).


Al quarto imputato, l'ex colonnello dei servizi segreti Pavel Riaguzov, erano contestati reati minori insieme allo stesso Khadzhkurbanov: abuso d'ufficio ed estorsione. Riaguzov, in particolare, avrebbe fornito l'indirizzo della Politkovskaia al gruppo ceceno secondo l'accusa, che esce però sonoramente sconfitta dal verdetto.


"Nessuna sorpresa" è stata la prima reazione di Anna Moshalenko, uno degli avvocati della famiglia Politkovskaia. Commentando la decisione della giuria alla Radio Eco di Mosca, il legale ha criticato l'operato degli inquirenti nella fase di acquisizione delle prove, per la mancata individuazione del mandante e per non aver saputo portare sul banco degli imputati il killer. L'avvocato ha annunciato una conferenza stampa nella sede dell'agenzia Interfax.

domenica 15 febbraio 2009

Mi è venuto in mente, se non vi dispiace troppo, di parlarci in sardo.

Alla fine di questa campagna elettorale che è già durata 40 giorni, 45 giorni... magari si poteva lavorare di più. E magari c'è anche il rischio che le parole mi arrivino in ritardo... però ci tenevo a parlare tra di noi in sardo, in "sanlurese" che è diverso dal sardo di Seneghe, dal sardo di questi paesi. Penso che possiamo capirci, comunque, bene. Perché ci tengo a parlarvi in sardo?

Perché in questi anni abbiamo tentato di fare ogni cosa per dimostrare quanto sia necessario rispettare e comprendere meglio il valore delle nostre cose, della nostra terra, dell'agricoltura, della possibilità di continuare a occuparci di agricoiltura e pastorizia. Dimostrare di essere bravi a trasformare i prodotti della terra in cose da mangiare ma di grande qualità... Dimostrare il valore che c’è negli scalpellini, in tutti gli artigiani, in tutta quella grande sapienza che viene dai tempi passati e che oggi sembra non essere in grado di farci vivere bene rispetto a quelle che sono le pretese dei tempi odierni. Però questi valori non sono da buttare, non sono da mettere da parte cercando altri valori che a volte servono a poco o altri valori che a volte non si trovano proprio.

Allora la responsabilità della politica è quella di guardare nuovamente bene le cose, di comprendere il valore delle cose nuove, di capire il valore della modernità, ma di capire anche che sarebbe sbagliato buttar via tutto, buttare tutto troppo velocemente e capire, alla fine, che ci troviamo più poveri anzichè più ricchi.

La lingua, per esempio, non è una cosa da tirar via così semplicemente... è una grande ricchezza. E’ una ricchezza grande che possiamo capire solo se pensiamo a cosa sarebbe la Sardegna senza una lingua.

Bene, io penso che una Sardegna senza lingua semplicemente non esisterebbe più, sarebbe un'altra cosa. Forse avrebbe lo stesso nome e, probabilmente, rimarrebbe un'isola nel Mediteranneo ma la Sardegna come ce l’abbiamo in mente, la Sardegna di una gente, la Sardegna di un popolo, la Sardegna di una storia... la Sardegna, semplicemente, non ci sarebbe più.
Quando non c’è più una lingua sparisce per sempre l'identità di un popolo. Provate a pensare agli indiani d'America, che sono stati asserviti, che non hanno più la loro lingua e che sono costretti a parlare in una lingua che è totalmente diversa dalla loro, che è semplicemente la lingua di chi li ha sterminati. E ora stanno cercando con il computer, in qualche maniera hanno trovato 100, 200 parole... forse 300... e spendono un sacco di soldi per cercare di mettere assieme una lingua che hanno perso per sempre.

La lingua è di grande importanza. E allora, bisogna comprenderne il valore e bene fate a Seneghe, come in altri paesi, a parlare nuovamente della piazza dei balli, a parlare nuovamente di poesia, a parlare nuovamente di tante cose delle quali, per troppo tempo, non abbiamo più compreso il valore. E come è possibile non abbia valore la poesia di Montanaru, di Peppino Mereu, di Benvenuto Lobina, di Raimondo Piras, di Sotgiu, dei tanti che hanno fatto poesia? Ed io che, come molti di voi, ho studiato, perfino le lettere classiche ... ci hanno fatto studiare ogni cosa, ogni dettaglio della cultura degli altri, e neanche un cenno della nostra... neanche un cenno sulla nostra cultura. Sono dovuto diventare più grande per sapere che c’era poesia, che c’era letteratura, che c’era gente che aveva scritto cose belle, ma non cose che riguardavano altre terre, altri paesaggi, altri uomini e altre donne ma gente che aveva scritto cose belle su noi stessi.

E allora la Regione ha fatto cose per la lingua sarda in questi anni, ha cercato di fare cose che anche voi avete fatto nel vostro paese. Prima di tutto ha cercato di smetterla di discutere all'infinito sulla lingua sarda in italiano. Proseguendo a parlare in italiano ognuno aveva un suo pensiero, ognuno aveva una sua opinione e queste opinioni erano sempre per discutere e mai per mettersi d’accordo, per decidere qualcosa. Per la prima volta la Regione ha parlato in sardo... ha parlato in sardo nella giunta regionale... ha parlato in sardo nel consiglio regionale... il presidente della regione ha parlato in sardo in momenti ufficiali, per cercare di dire che non c’è vergogna a saper parlare in sardo, non è vergogna. Saper parlare in sardo non è una cosa dei poveri, è una cosa dei ricchi, è una cosa di tutti.

Il sardo non è una lingua minore è una lingua preziosa, preziosissima. E’ una bella lingua, è una lingua che ha permesso ai padri e alle madri di allevare i figli, ha permesso di discutere, ha permesso di lavorare, di cavarsela, ha permesso di cantare la ninna nanna ai figli, ha permesso di voler bene e qualche volta di combattere. E’ una lingua importante che non dobbiamo perdere, e credo che abbiamo fatto bene in questi anni per la prima volta a ribellarci e a dire: “Sai, c’è una novità... per la prima volta la regione sarda parla in sardo!”

Parliamo italiano, parliamo inglese, abbiamo fatto una grande politica che si chiama ‘Sardina speaks english” in cui abbiamo cercato di insegnare l’inglese non solo nelle scuole, non solo con le ore serali nelle scuole, ma a tutti, a tutti quelli che lo vogliono imparare: alle mamme, ai padri, a tutti quelli che stanno lavorando e che non vanno più a scuola da tanto tempo. Abbiamo cercato di imparare l’inglese ma abbiamo riscoperto il valore del sardo, parlandolo. Abbiamo cercato di scoprire il valore del sardo anche scrivendolo. E su questo c’è sempre stato un dibattito troppo lungo... Qual è il sardo scritto? E’ vero... c’è il sardo di Seneghe, c’è il sardo di Sanluri, c’è il sardo dei galluresi, c’è il sardo dei logudoresi, c’è il sardo dei poeti... però, se ci fermiamo solamente a guardare le diversità e non capiamo che tra tutte queste diversità c’è anche una unità grande che ci permette di parlare e di capirci anche in questo momento, se non riusciamo a riconoscere questa unità siamo persi.

E allora la Regione ha stabilito che c’è una unità, una lingua sarda che ci unisce e che almeno nella forma scritta dobbiamo cominciare a utilizzare. Non per fare domanda alla Regione ma per rivolgerle verso l’esterno.

Una novità che ci permette di presentarci fuori dalla Sardegna, di presentarci al Governo, anche all’Unione Europea come un popolo che ha una lingua scritta. E come popolo che ha una lingua scritta abbiamo una dignità. Andiamo riconosciuti come minoranza linguistica. Una minoranza linguistica, come tale, ha il diritto di essere ben rappresentato nell’Unione Europea, nel Parlamento Europeo.

Probabilmente è la prima volta che si fa un comizio in sardo e sono contento di averlo fatto.

lunedì 9 febbraio 2009

AUFERSTEH' N

O dolore, che penetri dovunque,
ecco, sono sfuggito alle tue pene!
O morte, tu che travolgi chiunque,
eccoti qui in catene!
Con ali, che ora sono mia conquista,
in uno slancio vivo e caldo
d'amore, io volerò in alto
verso la luce, che nessuna vista
ha penetrato mai!
Io morirò per vivere.
Risorgerai, certo risorgerai,
mio cuore, in un istante!
Tutto ciò che da te vinto sarà,
a Dio ti condurrà!

martedì 27 gennaio 2009

27 Gennaio - Ad Auschwitz si spalanca il Cielo

Gam gam gam ki elech
Be beghe tzalmavet
Lo lo lo ira ra ki atta immadi


Anche se dovessi andare nella valle dell'ombra della morte
non temerò alcun male
perché Tu sei con me..

(Salmo 23)

mercoledì 21 gennaio 2009


"Oggi vi dico che le sfide che abbiamo di fronte sono reali. Sono serie e sono numerose. Affrontarle non sarà cosa facile né rapida. Ma America, sappilo: le affronteremo.
Oggi siamo riuniti qui perché abbiamo scelto la speranza rispetto alla paura, l’unità degli intenti rispetto al conflitto e alla discordia.
Oggi siamo qui per proclamare la fine delle recriminazioni meschine e delle false promesse, dei dogmi stanchi, che troppo a lungo hanno strangolato la nostra politica.Siamo ancora una nazione giovane, ma - come dicono le Scritture - è arrivato il momento di mettere da parte gli infantilismi. E’ venuto il momento di riaffermare il nostro spirito tenace, di scegliere la nostra storia migliore, di portare avanti quel dono prezioso, l’idea nobile, passata di generazione in generazione: la promessa divina che tutti siamo uguali, tutti siamo liberi e tutti meritiamo una possibilità di perseguire la felicità in tutta la sua pienezza.
Nel riaffermare la grandezza della nostra nazione, ci rendiamo conto che la grandezza non è mai scontata. Bisogna guadagnarsela. Il nostro viaggio non è mai stato fatto di scorciatoie, non ci siamo mai accontentati. Non è mai stato un sentiero per incerti, per quelli che preferiscono il divertimento al lavoro, o che cercano solo i piaceri dei ricchi e la fama.
Sono stati invece coloro che hanno saputo osare, che hanno agito, coloro che hanno creato cose - alcuni celebrati, ma più spesso uomini e donne rimasti oscuri nel loro lavoro, che hanno portato avanti il lungo, accidentato cammino verso la prosperità e la libertà.
Per noi, hanno messo in valigia quel poco che possedevano e hanno attraversato gli oceani in cerca di una nuova vita.Per noi, hanno faticato in aziende che li sfruttavano e si sono stabiliti nell’Ovest. Hanno sopportato la frusta e arato la terra dura.Per noi, hanno combattuto e sono morti, in posti come Concord e Gettysburg; in Normandia e a Khe Sahn.Questi uomini e donne hanno lottato e si sono sacrificati e hanno lavorato finché le loro mani sono diventate ruvide per permettere a noi di vivere una vita migliore. Hanno visto nell’America qualcosa di più grande che una somma delle nostre ambizioni individuali; più grande di tutte le differenze di nascita, censo o fazione.
Questo è il viaggio che continuiamo oggi.
E a coloro che cercano di raggiungere i propri obiettivi creando terrore e massacrando gli innocenti, noi diciamo adesso che il nostro spirito è più forte e non può essere infranto. Voi non ci sopravviverete, e noi vi sconfiggeremo.
Perché noi sappiamo che il nostro retaggio “a patchwork” è una forza e non una debolezza. Noi siamo una nazione di cristiani e musulmani, ebrei e induisti e non credenti. Noi siamo formati da ciascun linguaggio e cultura disegnata in ogni angolo di questa Terra; e poiché abbiamo assaggiato l’amaro sapore della Guerra civile e della segregazione razziale e siamo emersi da quell’oscuro capitolo più forti e più uniti, noi non possiamo far altro che credere che i vecchi odi prima o poi passeranno, che le linee tribali saranno presto dissolte, che se il mondo si è rimpicciolito, la nostra comune umanità dovrà riscoprire se stessa; e che l’America deve giocare il suo ruolo nel far entrare il mondo in una nuova era di pace.
Per il mondo musulmano noi indichiamo una nuova strada, basata sul reciproco interesse e sul mutuo rispetto. A quei leader in giro per il mondo che cercano di fomentare conflitti o scaricano sull’Occidente i mali delle loro società - sappiate che i vostri popoli vi giudicheranno su quello che sapete costruire, non su quello che distruggete. A quelli che arrivano al potere attraverso la corruzione e la disonestà e mettendo a tacere il dissenso, sappiate che siete dalla parte sbagliata della Storia; ma che vi tenderemo la mano se sarete pronti ad aprire il vostro pugno.
Alla gente delle nazioni povere, noi promettiamo di lavorare insieme per far fiorire le vostre campagne e per pulire i vostri corsi d’acqua; per nutrire i corpi e le menti affamate. E a quelle nazioni, come la nostra. che godono di una relativa ricchezza, noi diciamo che non si può più sopportare l’indifferenza verso chi soffre fuori dai nostri confini; né noi possiamo continuare a consumare le risorse del mondo senza considerare gli effetti. Perché il mondo è cambiato e noi dobbiamo cambiare con esso.
Forse le nostre sfide sono nuove. Gli strumenti con cui le affrontiamo forse sono nuovi. Ma i valori da cui dipende il nostro successo - lavoro duro e onestà, coraggio e fair play, tolleranza e curiosità, lealtà e patriottismo - tutto questo è vecchio. Sono cose vere. Sono state la forza tranquilla del progresso nel corso di tutta la nostra storia. Quel che è necessario ora è un ritorno a queste verità. Quel che ci viene chiesto è una nuova era di responsabilità - il riconoscimento, da parte di ogni americano, che abbiamo un dovere verso noi stessi, la nostra nazione, il mondo, doveri che non dobbiamo accettare mugugnando ma abbracciare con gioia, fermi nella consapevolezza che non c’è nulla di più soddisfacente per lo spirito, così importante per la definizione del carattere, che darsi completamente per una causa difficile.
Questo è il prezzo e la promessa della cittadinanza.
Questa è la fonte della nostra fiducia - la consapevolezza che Dio ci ha chiamato a forgiare un destino incerto.
Questo è il significato della nostra libertà e del nostro credo - perché uomini, donne e bambini di ogni razza e di ogni fede possono unirsi nella festa in questo Mall magnifico, e perché un uomo il cui padre meno di sessanta anni fa non avrebbe neanche potuto essere servito in un ristorante ora può trovarsi di fronte a voi per pronunciare il giuramento più sacro di tutti. Perciò diamo a questa giornata il segno della memoria, di chi siamo e di quanta strada abbiamo fatto.
E con gli occhi fissi sull’orizzonte e la grazia di Dio su di noi, abbiamo portato avanti il grande dono della libertà e l’abbiamo consegnato intatto alle generazioni future."

Dal discorso di Barack Obama, 44mo Presidente degli Stati Uniti d'America
(fonte: www.larepubblica.it)

martedì 20 gennaio 2009

La mia idea di Sardegna...

Ancora sangue sui diritti a Mosca


L'hanno ammazzata nel pieno centro di Mosca. E con lei è stato ucciso l'avvocato Stanislav Markelov, il difensore della famiglia di Elsa Kungaeva, una ragazza cecena seviziata e uccisa dall'ex colonnello Yuri Budanov.

Anastasia Baburova, collaboratrice del quotidiano 'Novaja Gazeta' (la stessa testata per la quale lavorava Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa nel 2006) era in compagnia dell'avvocato sulla via Prechistenka, a pochi passi dalla cattedrale di Cristo Salvatore.
All'improvviso un uomo mascherato con un passamontagna si è avvicinato e ha sparato un colpo di pistola alla nuca di Markelov. Baburova ha cercato di inseguirlo ed è stata colpita anch'essa alla testa.

Il caso rischia di diventare un boomerang per la Russia sul fronte dei diritti fondamentali e un ulteriore capitolo della tragedia della diciottenne Elsa Kungaeva. La giovane venne rapita dalla sua casa nel villaggio a sud di Groznij, la notte del 26 marzo 2000 da soldati russi comandati dal colonnello Budanov. Il suo corpo fu ritrovato in una discarica. L'autopsia del medico legale del ministero della difesa ha stabilito che la ragazza aveva subito ripetutamente violenza sessuale, circa un'ora prima della morte.

Il colonnello Budanov è stato arrestato il 30 marzo 2000 e poi condannato a 10 anni di carcere. Durante le indagini ha ammesso di averla uccisa, ma ha sostenuto di aver agito in stato di "temporanea insanità mentale". L'accusa ha ignorato le prove esistenti sul fatto che la ragazza fosse stata violentata prima di essere uccisa. Il colonnello è stato incriminato per omicidio, sequestro di persona e abuso di potere.
L'avvocato ucciso oggi aveva annunciato l'intenzione di presentare ricorso presso un tribunale internazionale contro il rilascio anticipato di Budano.

Da www.repubblica.it